La comunichite e la comunicazione.

Ettore Chiurazzi
3 min readAug 22, 2019

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In queste settimane agostane, complice il dato – pare incoraggiante – dell’incremento turistico a Bari e più in generale in Puglia appare macroscopicamente il grave problema dell’annuncite o se volete della “comunichite”· È tutto una narrazione, dai festival al commento dei dati (quali siano le fonti poi sfugge ai più), dalle campagne pro questo o pro quello ai marchi per le capitali del mare e chi più ne ha più ne metta.

L’occasione di questa riflessione, ne do merito, viene proprio dal servizio del Corriere del Mezzogiorno, sulla triste storia del Museo Castromediano a Lecce. Una museo di due istituzioni che comunica in grande stile e inaugura in pompa magna, ma che di fatto non c’è. Anzi c’è, ma è work in progress, come se questo bastasse a rassicurare i visitatori (parole del direttore). Allora perché non iniziare a comunicare quando c’erano i lavori di ristrutturazione, magari con un cantiere-evento? Parola misteriosa mi direte.

Amministratori pubblici, mettetevelo bene in mente. La comunicazione della PA e di qualunque istituzione pubblica ha il ruolo di trasferire ciò che c’è, che puoi toccare, vedere, insomma che puoi misurare. Tutto il resto è pura ricerca del consenso. È lo dico soprattutto perché la reputazione di una istituzione agli occhi dei cittadini, almeno nel nostro paese, non è certamente delle migliori. La reputazione è la tua traccia sociale, qualunque azione tu faccia, anche se apri un museo vuoto e peggio se lo comunichi. Ogni atto che compi è un atto reputazionale, che agisce sulla cosiddetta intention to buy (intenzione di acquisto).

Se comunico una cosa che non c’è, lo capisce anche un bambino, che stai dicendo una bugia.

Se comunico quello che voglio diventare, sto mentendo è sto disattendendo come PA proprio alla funzione di credibilità e autorevolezza delle istituzioni, in fondo alimentandone il distacco del cittadino. Ne abbiamo bisogno in tempi grami come questi? Non credo.

Ve la dico in altri termini: smettetela di comunicare prima di avere fatto concretamente qualcosa! La comunicazione deve generare aspirazioni non aspirare a qualcosa di indefinito o che peggio non esiste.

La comunicazione deve essere onesta, veritiera e corretta. (art. 1 del Codice di Autodisciplina Pubblicitaria) la comunicazione esterna rivolta all’utenza, alle altre amministrazioni o enti, imprese o associazioni, contribuisce a costruire la percezione della qualità del servizio e costituisce un canale permanente di ascolto e verifica del livello di soddisfazione del cliente/utente, tale da consentire all’organizzazione di adeguare di volta in volta il servizio offerto. (Art 1, comma 5 della legge 150/2000). A ben leggere questo comma la norma non è affatto interpretabile, e invece mi pare che costantemente ci si trovi davanti ad amministrazioni che interpretano la funzione di informazione come un costante elemento di costruzione di consenso.

Udite udite, il museo Castromediano, ad esempio non ha neanche un sito web e prima che il Corriere svelasse che era vuoto, ha impiegato risorse pubbliche per affiggere grandi manifesti sulla sua prossima apertura. Già ma quando? A settembre risponde prontamente il direttore.

Quale che sia la norma, io credo si sia smarrito il buon senso.

Non stupiamoci se poi la credibilità delle istituzioni e chi le guida raggiunge i minimi storici.

Ho la sensazione che l’eccesso di “comunichite», stia per soverchiare la vera comunicazione. L’effetto al «lupo al lupo” (o di sovraesposizione) è dietro l’angolo e il giorno che le istituzioni avranno qualcosa di concreto da dire, forse nessuno nessuno le ascolterà.

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